di Francesca Lorandi

L'economia circolare diventa una «leva» per la competitività

La tavola rotonda 25 mag 2022
La tavola rotonda con Farinetti, Cento e Nicolini (foto Marchiori) La tavola rotonda con Farinetti, Cento e Nicolini (foto Marchiori)

Ci sono più strade per diventare un'impresa sostenibile. Incollandosi addosso l'etichetta per necessità, perché i consumatori lo chiedono e allora bisogna adeguarsi. Magari senza crederci troppo, ma seguendo esclusivamente logiche di business. Oppure lo si diventa perché i valori alla base dell'azienda conducono proprio lì, verso una sostenibilità che viene vissuta e applicata in tutte le sue declinazioni. In mezzo ci sono tante sfumature, tuttavia le due aziende che ieri hanno partecipato ad «Agenda Verona», alla tavola rotonda moderata dal giornalista de L'Arena Paolo Dal Ben, erano esempi lampanti di una sostenibilità che «diventa un fatto culturale prima che economico», per usare le parole di Matteo Nicolini, docente di Diritto comparato dell'Università di Verona, anche lui coinvolto nel dibattito.

Vanessa Cento, coordinatrice della comunicazione di Progetto Quid e Nicola Farinetti, amministratore delegato di Eataly hanno dimostrato, con il loro racconto, come un progetto d'impresa sostenibile può diventare un business di successo. «Noi siamo nati sposando l'idea di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che è partito dal concetto di buono, pulito e giusto. E i prodotti che vogliamo utilizzare, manipolare e vendere devono essere esattamente così», ha spiegato Farinetti, sottolineando l'importanza di circondarsi di produttori che credono in questi valori di sostenibilità, «che lavorano con la terra migliore e garantiscono un prodotto più buono. Tra i fornitori spesso ce ne sono anche di molto piccoli e soprattutto con loro è bello immaginare soluzioni nuove». Ad esempio? «Abbiamo abbattuto 60mila cassette di polistirolo l'anno decidendo con i produttori di mozzarella di utilizzare un packaging riciclabile, che potesse quindi essere rimesso in circolo. Sono piccoli cambiamenti che possono però produrre un grande impatto». Eataly si è data da fare anche nella riduzione dei rifiuti. «Di più», ha sottolineato l'amministratore delegato, «abbiamo puntato altissimo con il progetto 'rifiuti zero'. Ora siamo all'85 per cento del riciclato nei nostri negozi. Abbiamo eliminato quasi completamente la plastica individuando soluzioni affinché anche i rifiuti si potessero muovere il meno possibile sui territori nei quali siamo presenti. A Verona, dove apriremo tra poco, abbiamo scelto di collaborare con Lamacart per quanto riguarda carta, cartoni e imballaggi. Così partendo da un costo si può creare valore sul territorio». Servono i partner giusti, che condividano progetti e soprattutto valori. Sulle partnership Progetto Quid ha costruito un percorso importante.

«Il modello di economia circolare potrà essere migliorato in tutti i settori grazie alle collaborazioni, portando avanti insieme un processo nel quale ognuno fa la sua parte. Noi crediamo molto nella moda collaborativa: il nostro progetto è cresciuto anche grazie alla rete di fornitori con i quali collaboriamo ogni giorno», ha spiegato Vanessa Cento. Anche in questo caso, i valori della sostenibilità sono stati alla base di un progetto diventato impresa di successo. «La nostra è una sostenibilità integrata che mette insieme sfera sociale e quella economica. Siamo nati per avere impatto su quelle che nel 2010 erano alcune delle fragilità del sistema», ha detto Cento, «cioè un mercato del lavoro che esclude e un sistema moda che spreca. Fin dall'inizio abbiamo avuto una missione sociale: offrire una opportunità di impiego e di carriera a persone con trascorsi di fragilità. E abbiamo voluto farlo attraverso un brand di moda etica sostenibile la cui particolarità è quella di partire da tessuti di eccedenza o di fine serie, che altrimenti resterebbero in giacenza nei magazzini». Le collezioni di Progetto Quid allungano così il ciclo di vita del tessuto, e dalle eccedenze nasce nuova bellezza.

Appunto, «la sostenibilità come fatto più culturale che economico», riprendendo le parole di Nicolini. Un cambiamento di visione che può partire dall'università, dove, spiega il docente, «vogliamo fornire una didattica già orientata in questa direzione attraverso iniziative trasversali legate al tema sostenibilità e al riciclo». C'è un sapere alla base, anzi più saperi che Nicolini identifica con «le tre c: critico, concreto perché fondato sulle competenze, e credibile. Così vogliamo creare imprenditori dell'economia circolare». .

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