“Garantire una rapida transizione all’economia verde è un dovere, e il mondo finalmente l’ha capito. La finanza avrà un ruolo essenziale in questo processo. Alcune istituzioni finanziarie hanno dato il loro contributo, emettendo obbligazioni legate a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente o installando nelle loro sedi lampadine a basso consumo. Troppe però continuano a finanziare il settore dei combustibili fossili e a sostenere altri campi dell’economia incompatibili con la transizione ecologica”.
Il monito, apparso sulle pagine di “Internazionale” nel settembre del 2021, arriva da Joseph Stiglitz, premio Nobel 2001 per l’economia. Ed è un monito molto chiaro: la transizione ecologica è indispensabile, se vogliamo che le prossime generazioni abbiano ancora un pianeta abitabile; ma allo stesso tempo è costosa, richiede risorse per convertire gli attuali sistemi di produzione, così come investimenti nelle fonti d’energia che non richiedano il consumo di combustibili fossili. Di conseguenza è altrettanto indispensabile il coinvolgimento della finanza, proprio per convogliare denaro verso quelli che Stiglitz definisce “progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente”, categoria in cui si può far rientrare una vastissima serie di iniziative, che riguardano tanto le mega-multinazionali che si muovono sullo scacchiere internazionale, quanto l’investitore privato che intenda dare il proprio contributo alla transizione scegliendo gli strumenti finanziari più adeguati.
La transizione è anche “mentale”, nel senso che richiede un cambio di approccio, di atteggiamento, non facile da mettere in atto. Ne dà testimonianza anche una ricerca del centro studi Itinerari previdenziali, di cui ha parlato recentemente “Il Sole 24 Ore”: il centro studi ha condotto un’indagine tra gli investitori istituzionali italiani, sottoponendo un questionario a compagnie di assicurazione, casse di previdenza, fondi pensione e fondazioni bancarie. Alla domanda su quali ritengano essere, tra i Sustainable development goal (Sdg) dell’Agenda 2030 dell’Onu, quelli più rilevanti e nei quali investire di più, il 65 per cento indica la “Lotta contro il cambiamento climatico”, che è senz’altro fra gli obiettivi più urgenti, se non il più urgente in assoluto. Tuttavia, quando si vanno a sondare le strategie di investimento, solo il 35 per cento esclude dal portafoglio i combustibili fossili. Alla domanda sulle motivazioni che spingono a determinate politiche di investimento Esg, solo il 5 per cento risponde “richiesta degli aderenti”. Ed è qui che può giocare un ruolo fondamentale il singolo, facendo “pressione” perché il grande investitore destini il denaro, che è anche suo, nella finanza green. Per questo il gruppo Athesis ha voluto dedicare questo inserto, all’interno del progetto Agenda 2030, alla finanza green, agli investimenti Esg (Environmental, social, governance) e Sri (Sustainable and responsible investment), ai prestiti per acquistare beni di consumo a bassa emissione di CO2, e molto altro. Cercando così di contribuire all’educazione finanziaria, anch’essa tra gli obiettivi dell’Agenda 2030, quale strumento per ridurre le disuguaglianze e promuovere lo sviluppo.
Transizione ecologica La finanza, piccola o grande, gioca un ruolo essenziale
